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o scorso dicembre, dopo otto anni, Citroën ha deciso
di cessare la produzione della C6. La Casa del “dop-
pio chevron” per decenni ha realizzato le auto dei
capi di stato francesi: dalla Traction Avant, alla DS, per arri-
vare alla CX e all’XM. Modelli “democratici”, usati sia dai
Presidenti della Repubblica - anche da Hollande prima
che passasse a una Citroën DS5 Hybrid4 - che da migliaia
di tassisti francesi. Prodotta in 23.384 esemplari, nell’al-
lestimento al top di gamma è arrivata a costare intorno
ai 55.000 Euro, ma l’attacco della concorrenza germanica
era molto forte da fronteggiare con una berlina classica.
Ci siamo concessi un ultimo test, dall’Olanda alla Fran-
cia, per recarci nei dintorni di Bordeaux, nella terra dei
“grand cru” e fare un ultimo brindisi con una C6 di annata
… L’ultima versione di questo modello adotta un 3.0 V6
bi-turbodiesel da 241 CV per 235 km/h, abbinato a una
trasmissione automatica a 6 rapporti. C’è tutta la potenza
necessaria per permettere alla vettura, che sfiora i 5 metri
di lunghezza, di percorrere agevolmente quel migliaio di
km che separano Utrecht e l’Olanda da Bordeaux, attra-
versando tre Stati a una media di 130 km/h. Il comfort non
manca, Citroën è famosa per il suo sistema di sospensio-
ni idro-pneumatiche, che anche sulla C6 conferma la sua
fama. Ci abbiamo messo poco meno di dieci ore, consi-
derando una sosta per un caffè e il rifornimento di gaso-
lio, sebbene il serbatoio contenga 72 litri. Arriviamo a Bor-
deaux, capoluogo dell’Aquitania, nel tardo pomeriggio.
Negli ultimi anni, sotto la guida del Sindaco ed ex-primo
ministro Alain Juppé, Bordeaux si “è rifatta il maquillage”,
entrando nell’elenco dei siti protetti dall’Unesco World
Heritage. In centro, gli ampi boulevard ti portano all’Ho-
tel de Sèze, appena riaperto, sull’Allée de Tourny, con
55 stanze, un buon ristorante e un “fumoir” dove gustare
sigari cubani da abbinare a un bicchiere di Cognac, se-
duti in una morbida poltrona in pelle. Si trova proprio a
ridosso della zona dell’Opera e dei teatri, raggiungibili a
piedi o con i nuovi tram, che funzionano senza bisogno
di cavi elettrici e non deturpano la vista del centro stori-
co. Sebbene Bordeaux sia nota per la produzione degli
omonimi vini, è un’area importante anche per la presenza
di industrie come Airbus, Dassault, Ford, farmaceutiche e
alimentari. L’arrivo del vino risale ai Romani, duemila anni
fa. A Burdigala si cominciò a coltivare le vigne. Poi la zona
fu sotto sovranità inglese per un breve periodo, quando
Eleonora d’Aquitania sposo Re Enrico II nel 1152. Questo
fatto diede ulteriore impulso alla produzione enologica e
attirò molti mercanti dal Regno Unito. E’ facile trovare an-
cora tracce di questo legame in città e nei dintorni. Il se-
condo giorno decidiamo di esplorare i principali vigneti
con la C6 e puntiamo a est, in direzione di Saint Emilion
e Pomerol. Anche la piccola cittadina di Saint Emilion è
“Patrimonio dell’Unesco” e pertanto deve mantenere il
suo aspetto originale. I due villaggi prosperano sulla pro-
duzione vinicola e attraggono oltre un milione di visitato-
ri all’anno. Chateau Fonplegade deve il suo nome a una
fontana romana; i nuovi proprietari americani hanno inve-
stito molto per restaurare la tenuta e produrre un nuovo
“grand cru classé”. E questo è solo uno degli 860 castelli
della zona, che comprendono Chateau Ausone e Chateau
Cheval Blanc. Pomerol è celebre per la produzione Petrus.
Il terzo giorno la perlustrazione continua a sud, nell’area
di Graves. Qui abbiamo potuto apprezzare l’ospitalità
di alcuni produttori come Chateau Haut-Bailly e Chate-
au Carbonnieux, quest’ultimo noto anche per i bianchi.
Oltre al vino, l’altra passione dei padroni sono le auto
d’epoca, e circa 50 vetture sono dislocate nella tenuta.
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